
La Fondazione Antonino Scopelliti, in occasione della Giornata Internazionale della donna che si celebra ogni anno l’8 marzo, intende non solo ricordare le conquiste sociali, economiche e politiche raggiunte dalle donne nel corso della storia, ma anche le discriminazioni e le violenze di cui le donne sono ancora vittime. Dopo avere ricordato che fu l’ONU a stabilire, nel 1977 con la risoluzione 32/142, l’8 marzo come Giornata delle Nazioni Unite per i Diritti delle Donne e per la Pace internazionale, le donne iniziarono a riempire le piazze, a urlare i loro diritti e a pretendere quelle riforme che permisero alla società di fare un passo avanti verso il progresso civile.
Molte, troppe, donne, da allora in poi, hanno perso la vita nei cammini di emancipazione femminile e per la conquista della parità di genere ma questo non deve in alcun modo far pensare che tali sacrifici appartengano a un tempo ormai trascorso.
Nella nostra quotidianità accade ancora purtroppo che donne, figlie, mogli e madri lavoratrici siano vittime di prevaricazione, fino a perdere talvolta la vita, a causa del loro ruolo propositivo nel cambiamento sociale, in contesti culturali che rifiutano di accettare il loro meritorio impegno personale, professionale e sociale.
Poche settimane fa, a Kabul due donne magistrato, giudici in servizio presso la Corte Suprema sono state uccise a colpi di arma da fuoco da un sicario a bordo di una motocicletta. Ancora, pochi giorni fa, a Jalalabad, tre donne, stimate professioniste che lavoravano come doppiatrici presso una emittente televisiva afghana, sono state uccise mentre rientravano, dopo il lavoro presso le proprie abitazioni.
Si tratta di veri e propri attacchi operati da frange estreme del radicalismo che vede nell’emancipazione femminile un rischio estremo, da combattere con ogni mezzo disponibile.
Queste donne sono esempi viventi di un possibile affrancamento dalla patriarcale soggezione agli uomini ed è per questo che sono sotto il tiro del fondamentalismo estremista e violento.
Al loro sacrificio, alle loro esistenze intendiamo dedicare un tributo in questo 8 marzo, poiché ci piace pensare che i loro percorsi educativi e formativi abbiano costituito la base che genera l’anelare ai valori della libertà, dell’uguaglianza e della pari dignità.
Oggi una nuova questione femminile è tornata a essere centrale nel dibattito pubblico, tant’è che negli ultimi anni il giallo della mimosa, simbolo di questa giornata, viene sempre più eclissato dalle scarpette rosse, per testimoniare l’efferatezza del Femminicidio, un triste neologismo che è entrato prepotentemente nella nostra società per indicare quella forma estrema di violenza di genere contro le donne per le quali è nata la Legge Codice Rosso.
Essere donne non è mai stato facile ed è per questo che l’otto marzo deve essere solo quel giorno in più per ricordare le lotte sociali e politiche che le donne hanno dovuto affrontare affinché la loro voce venisse ascoltata.
Se la donna oggi può affermare sé stessa pienamente è solo grazie alle ribellioni edificanti che altre donne del passato hanno portato avanti per frantumare modelli sociali e culturali in cui queste ultime non si riconoscevano e dei quali erano vittime. L’otto marzo è la Giornata Internazionale della donna, ma dobbiamo ricordare che i cambiamenti della società sono quelli che sono prima compresi e poi promossi dalla società nella sua interezza. Si deve partire sempre da una presa di coscienza condivisa, sia delle specificità che delle differenze. La dimensione di genere, spesso dimenticata, è un fattore di arricchimento e non di impoverimento, deve diventare un metodo da seguire in generale nella vita sociale.
“A tutte le straordinarie donne che ogni giorno, nel loro piccolo, cambiano la storia dei loro Paesi e del mondo”.
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