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Le riflessioni degli studenti della 5M dell’Ist. Algeri Marino di Casoli (CH) sul tema della Libertà

A seguito della sua laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media”, in quanto «ha arricchito la cultura italiana e internazionale nei campi della filosofia, dell’analisi della società contemporanea e della letteratura, ha rinnovato profondamente lo studio della comunicazione e della semiotica», tale Umberto Eco si rivolge ai giornalisti con le seguenti parole: «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli». Era il 10 giugno 2015, cinque anni fa. In assoluto potrebbe sembrare poco tempo, ma credo si troverebbe spiazzato se potesse fare un giro sui social e vedere come la situazione si sia aggravata. Perché gli “imbecilli” si sono moltiplicati. Molte più persone fanno uso della potenza virale dei loro account virtuali, consapevolmente o no. È difficile attraversare la giungla di post e commenti di una qualsiasi piattaforma uscendone senza qualche graffio ideologico o ferita morale. Eco sarebbe ancor più preoccupato se potesse assistere alla crescita incalzante dei cosiddetti “leoni da tastiera”, anche se in realtà vengono sempre più spesso definiti “topi”. Sono quelle persone che sfogano la smisurata quantità d’odio che li caratterizza sul debole, sull’emarginato, ma anche più semplicemente su chi ha un’idea diversa dalla loro. Il tutto ovviamente online e seguendo delle leggi specifiche, che cercherò di riassumere nel decalogo del leone da tastiera:

  1. Mai argomentare le proprie affermazioni.
  2. Inveire contro l’interlocutore. A prescindere da tutto. Capito o no?!
  3. FARE LARGO, LARGHISSIMO USO DI CAPS LOCK.
  4. Perdersi in ghirigori di frasi fatte, perché non c’è due senza tre.
  5. Usare………… puntini di sospensione……… molti….
  6. L’itagliano non e importate.
  7. I punti esclamativi non sono mai troppi!!!!!!!!!!!
  8. Di fronte a una risposta inaspettatamente intelligente, controbattere frasi senza senso. Come farebbe Einstein.
  9. Se in pericolo, sfoggiare la caratura della propria istruzione o l’affidabilità proprie fonti. Me l’ha detto mio cugino.
  10. Essere sempre pronti a doversi contraddire in caso di necessità, ovviamente rimanendo coerente.

Viene da sorridere pensando al modo di agire di queste entità virtuali. Ma la questione in realtà comincia ad essere grave, e per due motivi. Innanzitutto, c’è da considerare che queste persone dimenticano che le parole hanno un peso. L’odio gratuito non può avere che ripercussioni negative, non dimenticando che le vittime di questi attacchi possono essere persone deboli e venire profondamente segnate da frasi che sempre più spesso si trovano tra i commenti di post o sui profili dei nostri cari leoni. Ed è ancor più grave che sempre più raramente questi commenti vengano ignorati. Sta diventando normale, e questo non è normale. Poi c’è da pensare alla questione informazione. Queste persone infatti corrispondono nella maggior parte dei casi al tipico utente che dà visibilità alle notizie false e scatena il susseguirsi di condivisioni delle stesse. La diffusione della disinformazione non è un fenomeno da prendere sotto gamba. Lo studio per lo Human Development Report del 2009, riporta che in quell’anno le persone funzionalmente analfabetizzate in Italia erano il 47% della popolazione italiana. E con analfabeti funzionali si intendono quelle persone che non riescono a “comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”. Il dato è a dir poco spaventoso. I social network di certo non aiutano la statistica; citando sempre Eco: «La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità». Portatore di verità. Perché chi non è capace di riconoscere una notizia falsa da una vera la dichiarerà una verità assoluta, e darà il via a un domino di ignoranza, una delle malattie più sottovalutate del nostro secolo.

Esiste una sola cura: l’istruzione. La cultura ci permette di leggere il mondo. Ci permette di fare uso dei media in maniera positiva e non esserne vittima. Ma come tutelare chi non possiede l’istruzione adeguata? Non possiamo certo credere di poter raddrizzare l’albero quando ormai è già cresciuto. Le libertà di espressione, di stampa e di parola sono molto abusate. Sono diritti fondamentali e non possono assolutamente essere negati, ma nella loro fragilità vanno tutelati. Mi chiedo come possa essere possibile che personaggi influenti, indipendentemente dalla funzione ricoperta o dal colore politico, si prendono il potere di compiere un atto che definirei quasi criminale come quello di diffondere il falso. Mi chiedo come possa essere possibile non rendersi conto del danno che si crea a chi non è capace di riconoscere la veridicità di ciò che si trova davanti. In realtà, spesso si è pienamente consapevoli della meschinità di tali comportamenti, ma per chi è così povero d’animo è un prezzo infimo da pagare per una manciata di like e condivisioni. Dal momento in cui l’informazione non corrisponde al vero, non rende il cittadino libero. E allora non può essere difesa dalla tanto amata libertà di espressione.

Con la tecnologia che abbiamo a disposizione non dovrebbe essere difficile la creazione di strutture attue al fact-checking. Eppure, lo sviluppo di tali sistemi procede a stento. Il perché è ben immaginabile: i media hanno il potere di plasmare le persone, e questo è estremamente conveniente. Basti pensare all’audizione di Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook, davanti alla commissione servizi finanziari della Camera americana. Alexandra Ocasio-Cortez, deputata americana, dopo una lunga serie di domande arriva a parlare del mancato controllo da parte del social network sull’advertising politico. Infatti, su quasi ogni piattaforma online qualsiasi politico ha la possibilità di pubblicizzare i propri contenuti dietro pagamento, senza la presenza del fact-checking. In poche parole, si ha la possibilità di condividere qualsiasi cosa faccia comodo all’immagine del personaggio, senza che nessuno ne controlli l’attendibilità. Ocasio-Cortez chiede a Zuckerberg: «Quindi non eliminerete le bugie o eliminerete le bugie? Penso che sia solo un sì o no piuttosto semplice». Il CEO di Facebook, profondamente imbarazzato, cerca di sviare il discorso. È però una evidente conferma che non c’è nessun tipo di controllo sulle fake news, e che la libertà di espressione viene sfruttata per controllare e influenzare gli utenti.

Eco suggeriva che «I giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all’analisi critica dei siti». Non ancora si dà la necessaria importanza ad attività del genere. Ma fortunatamente molte pagine online hanno deciso autonomamente di dedicarsi all’attività di filtraggio dei contenuti, anche se rimangono ancora sconosciute ai più. Il segnale deve provenire dall’alto. Devono essere le testate, che hanno la visibilità maggiore, ad occuparsi della segnalazione del falso. Ma soprattutto devono essere le persone influenti ad avere la dignità adatta per ricoprire il loro ruolo, devono essere loro a non fomentare la disinformazione e a favorire la cultura. Devono essere loro a dare alla libertà il suo vero valore. La conseguenza estrema di questa situazione sarà quella di vivere in un mondo dove non è più possibile riconoscere il vero dal falso, e ciò porterà le persone a stare sempre in guardia, sempre pronte a guardare l’altro con paura e non con fiducia. Il problema è ben più grave di quello che sembra.

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